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LA CORSA È DONNA

di Barbara Meletto (barbarainwonderlart.com)

L’atto del correre è indissolubilmente legato alla natura dell’uomo: correre per fuggire, correre per inseguire o semplicemente correre per divertimento. Nel corso del tempo questo gesto così pragmatico si è arricchito di significati altamente simbolici che trovarono nella mitologia greca la loro esemplare consacrazione.

Il bello di correre tra le Dolomiti

IL MITO DI ATALANTA

Il mito di Atalanta, ripreso dal romano Ovidio ne “Le metamorfosi”, ha due versioni del tutto simili che differiscono solamente per i nomi di alcuni protagonisti e per l’ambientazione geografica.

Figlia di Iaso, re di Arcadia (o di Scheneo, re della Beozia, secondo la versione beota) e di Climene, Atalanta era famosa per la sua straordinaria abilità nella caccia, nella lotta e soprattutto nella corsa.

Dal momento che il padre desiderava figli maschi per potersi garantire degli eredi, la fanciulla venne esposta, alla nascita, sulla collina Partenia presso Calidone. Ma la dea Artemide, impietositasi, decise di inviare un’orsa in soccorso alla bimba. 

L’orsa accudì Atalanta come una mamma fino al giorno in cui sopraggiunsero dei pastori che la presero con loro. Allevata come una cacciatrice, si fece notare per le sue abilità in diverse prove fisiche, tra cui la cattura di un enorme cinghiale che seminava panico e terrore tra la popolazione di Calidone. Tanto fu il clamore per questa impresa che perfino il padre si risolse a riconoscerla come figlia, invitandola con fermezza a convolare a nozze. Una richiesta poco gradita ad Atalanta cui un oracolo delfico aveva consigliato di non prendere marito. Rispose così al padre che avrebbe sposato solamente l’uomo in grado di batterla in una gara di corsa.

Esistono gare  in montagne da correre  insieme in coppia. Tra Edna e Mirco, difficile decidere chi va più forte

Dopo i tentativi falliti di numerosi aspiranti, sopraggiunse Melanione (Ippòmene secondo il testo beota) che, ammaliato dalla bellezza di Atalanta, chiese aiuto alla dea Afrodite per riuscire a vincere la giovane e garantirsi in questo modo la sua mano.

La dea dell’amore affidò al ragazzo tre mele d’oro del Giardino delle Esperidi da lasciar cadere durante la corsa. E dunque, sebbene Atalanta fosse dotata della forza di un uomo, nell’animo rimaneva pur sempre una donna: ogni volta che vedeva luccicare un pomo a terra, ella si attardava per raccoglierlo. Con questo acuto stratagemma Ippòmene si garantì la vittoria e riuscì ad unirsi in matrimonio con Atalanta. Ma questo amore coniugale non era destinato a durare nel tempo. Un giorno i due profanarono un tempio dedicato a Cibele (secondo un’altra tradizione il tempio era dedicato a Zeus), compiendo un atto amoroso in pubblico. Per vendicarsi Afrodite li trasformò in leoni, animali che secondo la tradizione classica non potevano accoppiarsi fra di loro. Fu così che, nonostante il tranello, la funesta predizione dell’oracolo trovò il suo compimento.

“Avrai forse sentito parlare di una che vinceva nelle gare di corsa gli uomini più veloci. Non era una frottola, quella voce: li vinceva davvero. E non avresti saputo dire se fosse più da ammirarsi per merito dei piedi o per la bellezza del corpo.” (Publio Ovidio Nasone, “Le metamorfosi”, Libro X)

IL SIGNIFICATO DEL MITO

Il mito di Atalanta si presta a varie e molteplici interpretazioni. Prima di tutto ci insegna come sia impossibile sfuggire al fato, anche per una persona che corre più veloce del vento. Esiste un destino predeterminato e nessuna impresa è in grado di modificarlo.

Ma altri e più attuali sono gli spunti che questa vicenda ci offre, in particolar modo legati alla figura di Atalanta e al suo essere un’atleta donna in un mondo dominato dagli uomini.

Atalanta è una donna superiore agli uomini per forza e per coraggio e forse, proprio per questo motivo, viene punita dagli dèi. Ma ciò è accaduto perché non è concesso alle donne di gareggiare con gli uomini, o piuttosto perché è necessario rispettare le differenze di genere?  Atalanta era la più brava e valorosa, per batterla Ippòmene dovette ricorrere ad un sotterfugio, ma Atalanta fu vinta anche dal suo carattere profondamente femminile. 

Riportata ai nostri giorni, questa storia ci illustra come sia fondamentale trattare gli sportivi in maniera specifica, avendo cura di soppesare le differenze imposte dalla loro peculiare natura fisica e psicologica.

Le mele d’oro, oltre che immediato richiamo alla vanità muliebre, alludono altresì alle interferenze che distraggono la nostra mente dall’obiettivo finale e che condizionano l’esito della competizione. Stress, timore di sbagliare, eccessiva autocritica, sono tutte limitazioni che un bravo atleta deve riuscire a dominare. Il campione si distingue non solo per la sua preparazione fisica, ma soprattutto per la capacità di tenere sotto controllo gli ostacoli interni imposti dalla mente.

Nella foto in primo piano c’è Paolo Loner – http://www.coachloner.it – oltre ad essere un mental coach, Paolo  da giovane ha praticato diversi sport tra cui il football americano, disciplina in cui serve molta preparazione fisica e non solo.

“Quando uno sportivo scende in campo, porta dentro di sé la persona che è. Viceversa, quando esce dal campo, porta dentro di sé le qualità che ha allenato nell’attività sportiva. Dunque le potenzialità che aiutano nello sport possono anche essere utili nella vita di ogni giorno. Nello studio, nel lavoro, nei rapporti con gli altri. E viceversa. Per questo si può dire che lo sport allena la vita. E la vita allena lo sport.” (Stefano Massari)

Stefano Massari con il suo allievo Michele Zacchilli, campione italiano juniores nel 2017 di canottaggio con l’equipaggio del 4 con. 

IL DIPINTO

A Napoli, nel Museo di Capodimonte, è custodito un meraviglioso dipinto di Guido Reni dal titolo “Atalanta ed Ippòmene”, databile tra il 1620 ed il 1625. L’opera, di cui esiste una versione precedente al Museo del Prado di Madrid, è un’esemplare rappresentazione del mito antico.

Guido Reni, Atalanta e Ippomène

L’artista ha colto i due giovani impegnati nella gara di corsa: un’immagine di grande finezza ed eleganza compositiva. Sulla sinistra, china a cogliere i pomi d’oro, la leggiadra figura di Atalanta, cinta da un velo trasparente. Alla sua destra Ippòmene, dai delicati tratti efebici, si volge verso la fanciulla come a sincerarsi della bontà del trucco suggeritogli da Afrodite. Sullo sfondo della scena, ambientata in un paesaggio notturno, si scorge, ai lati esterni dei personaggi, il pubblico che assiste alla sfida. 

Tutta la composizione si gioca tra l’interdipendenza dei corpi dei due giovani, due corpi candidi e sinuosi capaci di esprimere lo sforzo fisico della corsa, ma anche la nascita di un tenero sentimento d’amore.

Gesti e posture raffinate, perfino struggenti, evocative di un attimo sospeso nella storia.

“Allora il discendente di Nettuno si decise a lasciar cadere uno dei tre frutti. Si stupì, la vergine, e incantata dal pomo luccicante deviò e raccolse la sfera d’oro che rotolava. Ippòmene la sorpassa; dalle tribune uno scroscio di applausi. Lei recupera con corsa veloce il tempo perduto, e di nuovo si lascia il giovane alle spalle. Rimasta indietro un’altra volta al lancio del secondo pomo, un’altra volta lo insegue e lo supera. Ormai c’era da correre solo l’ultimo tratto.” (Publio Ovidio Nasone, “Le metamorfosi”, Libro X)

 

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