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TUTTI PAZZI PER LE OLIMPIADI

di Barbara Meletto (barbarainwonderlart.com)

La pratica atletica nasce con l’uomo. La corsa, il salto ed il lancio, sono tutte azioni riconducibili alla sfera dell’essere umano: atteggiamenti naturali utilizzati per offendere o per difendere, ma anche per sondare le proprie potenzialità fisiche. Tutte le civiltà antiche videro lo sviluppo di attività agonistiche, sia pure non regolamentate e a carattere episodico, ma fu il mondo greco a coltivare l’ideale atletico con inimitabile ardore.

L’emblema di Pechino 2008 su un grattacielo nella capitale cinese (foto Rdosport)

LE OLIMPIADI DELLA GRECIA ANTICA
Nell’antica Grecia i giochi erano largamente diffusi e venivano fortemente incoraggiati dal governo: le gare fisiche educavano non solo il corpo, ma anche la mente dei giovani cittadini. Numerosissime erano le manifestazioni che si svolgevano a livello locale, ma la più famosa era senza dubbio l’Olimpica. L’origine dei Giochi Olimpici si perde nel mito. La leggenda vuole che il loro primo ideatore fosse stato Pelope, un giovane sacrificato agli dei per mano del padre e riportato in vita da Zeus, mosso a pietà nei suoi confronti.

Per celebrare il ritorno tra la sua gente, Pelope organizzò una grande festa allietata da competizioni di lotta, pugilato e corsa. Da allora, siamo nel 1700 a. C., i giochi si ripeterono con cadenza occasionale per poi scomparire quasi del tutto.

Olimpiadi di Pechino 2008- la gara su strada di ciclismo (foto Rdosport)

Mille anni dopo re Ifito riscoprì quest’antica usanza, istituendo ad Olimpia, nel 776 a. C., i “Giochi dell’Olimpico Giove”, per festeggiare la sua conquista dell’Elide. L’iniziativa ebbe un tale successo che venne deciso di ripeterla ogni quattro anni. Durante la prima edizione delle Olimpiadi si impose la tregua bellica alle città della regione, per consentire agli spettatori e agli atleti di giungere allo stadio in modo agevole. Tale usanza venne in seguito estesa all’intero territorio greco, diventando la cifra distintiva di questa manifestazione: in questo periodo non si potevano dichiarare guerre e quelle che erano in corso dovevano essere sospese.

Per gli antichi greci le Olimpiadi non erano solo un evento sportivo, ma rappresentavano soprattutto delle feste religiose. La scelta della sede non era casuale: ad Olimpia vi era il tempio di Zeus, padre degli dei.

Immagine di due atleti in un mosaico al Foro Italico a Roma (foto Rdosport)

La vittoria alle Olimpiadi veniva premiata con ramo di ulivo selvatico intrecciato per formare una corona, il kotinos. L’ulivo sacro era raccolto nella parte posteriore del tempio di Zeus, tagliato con un falcetto d’oro, in una notte di plenilunio, da un fanciullo figlio di genitori greci ancora in vita. La ricompensa aveva un carattere puramente simbolico, ma era arricchita dai grandi onori e da ingenti ricompense offerte dai paesi di provenienza degli atleti, orgogliosi della fama così conquistata. Non esistevano classifiche, contava solo il primo posto.
“Come l’acqua è il migliore degli elementi, come l’oro è il maggior tesoro dei mortali, come la luce del sole supera ogni cosa per calore e splendore, così non c’è vittoria più nobile di quella di Olimpia.” (Pindaro, poeta greco, 518-446 a.C.)

Le tribune del Foro Italico (foto Rdosport Marta Magni Images)

LA NASCITA DELLE OLIMPIADI MODERNE
I Giochi Olimpici moderni nacquero sul finire dell’Ottocento, su iniziativa di Pierre de Frédy, barone di Coubertin. L’idea era quella di riportare in auge lo spirito eroico che aveva animato le antiche Olimpiadi: lo sport non come semplice passatempo, ma come strumento di elevazione fisica e morale.
“L’atletismo moderno ha due tendenze sulle quali attiro la vostra attenzione: diviene democratico ed internazionale. La sana democrazia, il saggio e pacifico internazionalismo penetreranno nel nuovo stadio e vi manterranno questo culto dell’onore e del disinteresse che permette all’atletismo di fare opera di perfezionamento morale e di pace sociale nel mentre fa opera di sviluppo muscolare.” (Pierre de Coubertin)
Tra mille difficoltà, incertezze e tentennamenti, il 6 aprile 1896, ad Atene, alle ore 15.30, il re Giorgio I di Grecia inaugurava le Olimpiadi dell’era moderna: “Dichiaro aperti i primi Giochi Olimpici internazionali di Atene. Lunga vita alla Nazione, lunga vita al popolo greco” – queste le parole usate per l’occasione.

La bandiera della Grecia. Ad Atene si sono svolte le prime Olimpiadi moderne (foto Marta Magni Images)

Quattordici le nazioni in gara – Australia, Austria, Bulgaria, Cile, Danimarca, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Italia, Stati Uniti, Svezia, Svizzera e Ungheria –  nove le discipline in programma –  atletica, ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto, tennis, tiro a segno, scherma e sollevamento pesi – e nessuna donna, in ottemperanza alla tradizione antica che consentiva la partecipazione ai Giochi esclusivamente agli uomini. Il primo campione olimpico fu l’americano James Connolly, che vinse nel salto triplo, gara di apertura della manifestazione. I vincitori venivano premiati con una corona d’ulivo e una medaglia d’argento. I secondi classificati ricevevano un ramo d’alloro e una corona di rame, mentre non era previsto alcun premio per i terzi.

La scherma è tra i primi sport presenti alle Olimpiadi (foto rdosport Marta Magni Images)

Ma il vero trionfatore di questa prima edizione fu il greco Spiridon Louis, un portatore d’acqua che annientò tutti i suoi avversari nella maratona. Tale specialità intendeva rievocare la leggendaria impresa di Filippide, percorrendo una distanza di circa 40 chilometri tra il Ponte di Maratona e lo Stadio Panathinaiko.

La sfida si disputò nel pomeriggio di venerdì 10 aprile, ultimo giorno delle Olimpiadi. Era una giornata molto calda, molti concorrenti erano già sfiniti a metà gara, ma si narra che Louis, allenato a fare a piedi circa 30 chilometri al giorno, si fosse fermato a numerosi punti di ristoro bevendo addirittura dei bicchieri di vino!

Le Olimpiadi legate anche a manifestazioni religiose, Nella foto la bandiera greca sventola accanto ad una chiesa (foto Marta Magni Images)

LE OLIMPIADI DEL 1924
Nonostante le speranze del barone de Coubertin, le Olimpiadi non impedirono lo scoppio di conflitti. I Giochi della sesta Olimpiade, programmati per il 1916 nella città di Berlino, furono cancellati a causa della Prima Guerra Mondiale. Diversamente dagli antichi greci, l’umanità non prese nemmeno in considerazione la tregua bellica, impegnata com’era a martoriarsi a colpi di cannone!

L’edizione successiva si disputò ad Anversa, mentre nel 1924 i Giochi approdarono in terra francese per la loro ottava edizione, Berlino 1916 venne infatti considerata nel computo totale per volere dello stesso de Coubertin.

Quell’anno a Parigi si trovava anche il pittore Robert Delaunay, rientrato da un paio d’anni dopo un soggiorno in Spagna. Come molti altri francesi l’artista rimase folgorato dalle discipline olimpiche, in particolar modo dell’atletica di cui divenne un assiduo spettatore. Fu così che, per rendere omaggio alla specialità che lo aveva così entusiasmato, iniziò a dipingere i “Corridori” (Les coureurs).

Robert Delaunay, Les coureurs, 1924

Gli otto dipinti della serie – ai quali se ne aggiunse un altro nel 1930 – costituiscono una preziosa testimonianza della storia contemporanea: l’arte esce dai musei per immergersi nella vita moderna, affrontando una tematica popolare, in grado di essere compresa ed apprezzata da tutti.
Uno dei primi quadri del 1924, conservato oggi al Musée d’Art Moderne di Troyes, ci mostra cinque atleti, intenti a disputare la loro gara di corsa. Con colori accesi e forme geometriche, tipiche della poetica cubista, Delaunay imprime un forte senso di dinamismo alle figure rappresentate. L’opera è una sorta di istantanea a colori, capace di restituirci il movimento dei corridori dei quali non si riescono a cogliere perfettamente le fattezze, perdute come sono nell’atto della corsa.

Foro imperiale- Roma

Ma i “Corridori” di Delaunay rappresentano qualcosa di più. Essi incarnano in modo esemplare lo spirito sportivo promosso da De Coubertin: nello smarrimento delle fattezze individuali viene celebrata l’essenza fondamentale dello sport, ossia la sua universalità.
“Ogni quattro anni i Giochi olimpici restaurati danno l’occasione alla gioventù mondiale di un incontro felice e fraterno nel quale si cancellerà poco a poco questa ignoranza in cui vivono i popoli per quel che concerne gli uni e gli altri: ignoranza che acutizza gli odi, aumenta i malintesi e precipita gli avvenimenti nel senso barbaro di una lotta senza mercé.” (Pierre de Coubertin)

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