Quando i ragazzi ci mettono cuore e coraggio
Quando ero piccolo non vedevo l’ora di uscire di casa nel pomeriggio dopo aver mangiato per andare a giocare. A cosa? Qualsiasi attività andava benissimo. In bicicletta, con una racchetta in mano, a tirare calci ad un pallone o a tentare di fare canestro, perfino con un bastone di legno a cercare di imitare qualcosa che potesse assomigliare al baseball. Da praticare insieme ad altri ragazzi, ma anche da solo, quante sfide perse a tennis contro il muro del garage sotto casa. Lo sport è sempre stato presente nella mia vita, mai a livello professionistico, sempre a livello ludico, amatoriale.
I miei genitori non mi hanno mai vietato nulla, ne mi hanno obbligato a praticare uno sport in particolare. Così quando mi è stato presentato Antonio Garzia, nelle vesti di un padre che ha fatto dello sport un mezzo per allenare alla vita sua figlia prima e altri ragazzi poi, ne sono rimasto entusiasta.
“Ho iniziato ad avvicinarmi allo sport solo all’età di 40 anni, in precedenza l’ho vissuto come un riempitivo, al punto che ho preferito rinunciarvi – inizia a raccontare Antonio – Più tardi ho sentito il dovere ed il piacere di proporlo come stile di vita a mia figlia Aurora, che io e mia moglie abbiamo adottato. Un’infanzia non facile alle sue spalle, lo sport è diventato la chiave, un mezzo per evadere, per rilassarsi un po’. Magari meglio se scegli qualcosa che ti diverta. A mia figlia piaceva molto stare nell’acqua, piuttosto che il correre. E quindi le abbiamo proposto di nuotare. Ma quando il divertimento è diventato agonismo e monotonia, abbiamo incominciato a pensare ad altro. C’era anche l’equitazione, che in realtà è sempre stato un desiderio di mia figlia, ma Michela, mia moglie, non lo considerava e tutt’ora non lo considera uno sport.
La variante al nuoto: metterci insieme anche corsa e bicicletta et voilà eccovi servito il triathlon. “Specialiità che piaceva molto anche a me – ammette Antonio – E che diventò presto un mezzo di comunicazione padre-figlia.” Rottura di una ripetitività con però aumento della fatica. “Un po’ come nella vita di ogni giorno, ognuno di noi a volte si sente di dover scalare l’Everest, essere già allenati nello sport a superare sé stessi ti può sicuramente aiutare.”
Cerco di trovare qualche collegamento tra me ed il triathlon. Ma nel mio provare a praticare ogni sport, non avevo davvero mai pensato di dedicarmi a questa disciplina, decisamente troppo faticosa. Quando ecco affiorare qualche ricordo inaspettato. Durante un viaggio, il più lontano abbia mai fatto, sbarcai nell’isola Hawaii quella del grande vulcano in attività il Mauna Loa. Da una parte di questa grande isola piove ininterrottamente, dall’altra c’è invece pressoché costantemente il sole e si svolge ogni anno il campionato del mondo di IRON MAN. L’esasperazione del triathlon. Nella baia di Kailua Kona ci sono i pannelli ad indicare il luogo della gara di nuoto (2.4 miglia) a cui si aggiungono oltre 110 miglia di bicicletta e 26 di corsa. Ecco oggi, così come allora, mi sono chiesto come si possa provare piacere in tanto dispendio di energie.Ma nel caso di Antonio il triathlon è andato decisamente oltre, diventando un mezzo di un progetto formativo teso ad unire sport e studio.
E se si parla di corsa certo non può mancare lo zampino dell’amico Paolo Loner di Sport4life, lui che ogni mattina con qualsiasi temperatura non può non affrontare un risveglio muscolare fatto di tanta corsa anche in collegamento video telefonico con altri amici in altre latitudini, così da stimolarsi vicendevolmente nel tenersi in forma. Vi rassicuro, ma ormai l’avrete credo capito, io non sono annoverato tra gli amici scelti da Paolo per questa pratica sportivo intellettuale. In verità nemmeno Antonio. Il loro è stato un incontro professionalmente fulminante avvenuto, come spesso succede, grazie ad amicizie comuni. Il luogo non poteva essere certo un bar di una piazza cittadina, il parcheggio di un centro sportivo di Vigevano è risultato molto più pratico.
I temi trattati si rivelano alquanto interessanti e ruotano attorno ad un titolo di una serie di racconti editi da Spot4life “Buona pratiche…” in questo caso specifico, di allenamenti alla vita dei figli. Un argomento tanto caro a Cristiano Pravadelli ed anche Riccardo Spadoni, altre due anime di Sport4life.
Ancora nel 2013 Antonio Garzia, con un gruppo di amici, aveva fondato un’organizzazione di volontariato, denominata Il Focolare, in cui si inserisce il progetto PS3, con lo scopo di aiutare famiglie con vari disagi, “Gli incontri con Paolo, Cristiano e Riccardo hanno aiutato ad incanalare le nostre energie al servizio dei giovani. Ne è nato un progetto presentato alle scuole di Vigevano che prevedeva una durata di 10 mesi, in cui i ragazzi potevano partecipare, in modo volontario, senza un qualsiasi obbligo da parte dei genitori. Il tutto consisteva in incontri settimanali con coach e educatori spirituali. Per essere completa una persona deve essere formata in tre aree, fisica, intellettiva e spirituale.” I trascorsi di animatore in oratorio è tornata sicuramente utile ad Antonio.
Ma cosa c’entra in tutto questo il triathlon?
“Abbiamo inserito tra le condizioni necessarie per partecipare anche il possedere una bicicletta. Il tema affrontato è il viaggio come metafora della vita, alla ricerca della felicità. Una volta a settimana sono previsti allenamenti, anche fisici, in vista della tappa finale: un viaggio di 4 giorni tra bicicletta (almeno 90 km da affrontare) e un bel po’ di chilometri a piedi in montagna, una sorta di scalata all’andata e discesa al ritorno.
Per affrontare questa sfida finale ci si deve allenare costantemente. Non è proprio un triathlon, ma ci assomiglia.”
Uno sport individuale scelto per una terapia di gruppo. “Se non ci fossero i tuoi compagni ad incitarti, che fanno un pezzo di strada con te, tutto sarebbe più difficile, quasi impossibile. Uscire d’inverno in bicicletta con temperature piuttosto rigide, probabilmente non proveresti nemmeno a farlo. Ed invece grazie alla forza dl gruppo tutti sono arrivati alla fine del percorso.
La vita di ciascuno è unica irripetibile, la mia esperienza è MIA. Ricorda che tu vivi la tua vita, ma non puoi prescindere dalla presenza degli altri,
Anche se pratichi uno sporti individuale, gli altri sono fondamentali. La preparazione è importante, ma si arriva ad un punto in cui il tuo fisico ti dirà STOP! E’ proprio lì che inizia il viaggio dell’eroe, avere accanto un amico vi tornerà utile.“
Un’esperienza a 360 gradi che arricchisce tutti. “In ogni ragazzo c’è del buono, noi come genitori, come insegnanti, abbiamo l’obbligo di farglielo scoprire e tirarlo fuori. Oggi va di moda criticare i giovani, ma la responsabilità della loro crescita e’ anche degli adulti che devono accompagnarli.”
L’acronimo PS3 è un po’ la sintesi di tutto questo, dove P sta per Pesona ma anche Preghiera, S per Studio, Sapere e 3 si avvicina a Triathlon e quindi ecco di nuovo la S che diventa Sport.
Sportivo, uomo, marito, padre educatore, dove sta il trucco?
“Faccio quello che faccio grazie a mia moglie. Viviamo insieme le stesse esperienze, mi sta sempre accanto, Michela è molto pratica, operativa e mi ha aiutato a concretizzare molti aspetti organizzativi di questo progetto.“
Che continua
“E come potrebbe fermarsi! I ragazzi stessi ce l’ hanno chiesto, siamo andati oltre al covid iniziando il tutto con dei video incontri per poi ritornare ad abbracciarci in questo percorso, con altre sfide pronte da affrontare insieme.“ Perché lo sport ci rende uomini diventa un mezzo per arrivare dalla Terra al Cielo.