Il tennis per vivere meglio: l’esperienza di Marco Gulisano
Sono le nove del mattino quando i fratelli Berettini si stanno allenando su un campo laterale del Tennis club Cagliari di Monte Urpinu.
Molti gli occhi puntati sui fratelli d’Italia, c’è anche il capitano della ItalDavis Filippo Volandri, ma soprattutto Marco Gulisano, head coach per una settimana, orfano di Vincenzo Santopadre, rimasto a Roma.
In questa trasferta sarda, Marco ha assunto la regia del gruppo di lavoro, lui che è praticamente coetaneo di Matteo e suo amico quasi di infanzia. Una responsabilità che non gli ha tolto il sorriso, la disponibilità e la semplicità.
Terminata l’ora c’è il tempo per parlare con Marco, come fosse l’incontro con un vecchio amico, con cui scambiare le esperienze degli ultimi tempi. E quelle di Marco, alle prese con la sua crescita da coach di Matteo e del fratello Jacopo, sono davvero molto interessanti da ascoltare.
GLI INIZI DA TENNISTA, NESSUN RIMPIANTO
“A 14 anni ho giocato davvero tanto, nel circuito Tennis Europe.- inizia a raccontare Marco – Mi sono però accorto che la strada per il professionismo era troppo difficile, ricca di insidie e richiedeva anche una grande responsabilità economica per la mia famiglia. Soprattutto era necessario trovare molti equilibri alquanto complicati. Malgrado già iniziassi a capire che qualcosa non andava, ho voluto non lasciare nulla di intentato, così da evitare rimpianti in seguito.”
A CATANIA CON RIZZO E DI MAURO
“Dopo la maturità mi sono così preso un anno di tempo. Un periodo in cui mi sono allenato mattino e pomeriggio tutti i giorni, seguito dai maestri Fabio Rizzo e Alessio Di Mauro a Catania dove vivo. Volevo mettermi alla prova, come fossi un vero professionista, così da provare le emozioni, le fatiche con cui avrei eventualmente dovuto convivere in seguito.”
QUANTO COSTA DIVENTARE UN PROFESSIONISTA
“La spesa era davvero molto grossa e non potevo proprio permettermela. Soprattutto per fare quel tipo di vita avrei dovuto approcciarmi in modo diverso, cosa impossibile per come mi sentivo in quel momento. Ciò nonostante avevo comunque maturato la consapevolezza che il tennis avrebbe occupato un posto importante nella mia vita.
Così abbandonai definitivamente l’idea di giocare e decisi di effettuare uno switch, passando dalla parte dell’allenatore. Ho iniziato infatti a lavorare insieme a Fabio Rizzo, un secondo padre per me, che mi ha dato la possibilità di seguire i più piccoli della sua scuola agonistica. E’ stato un continuo crescendo, sia a livello qualitativo, che di mole di lavoro. E soprattutto ho avuto modo di capire che questa avrebbe potuto diventare davvero la professione della mia vita.”
IL TENNIS PER VIVERE MEGLIO
“Innanzitutto il tennis mi ha permesso di essere indipendente dalla mia famiglia ed è stato anche il mezzo per fare emergere e riconoscere alcune parti più profonde di me, regalandomi molte emozioni.”
ESSERE ALLENATORE
“Ho sempre creduto molto nell’impegno profuso durante le sessioni di allenamento. Penso che le prestazioni in campo ne siano il conseguente risultato. Ma purtroppo (Marco lo dice sorridendo, ndr) era anche la sola cosa che mi riusciva da giocatore.” Cioè ti allenavi molto bene, ma non concretizzavi tutto il tuo lavoro in partita. “Purtroppo è andata più o meno così. Ma questo fatto mi ha permesso di sviluppare delle sensibilità particolari. Sono molto riflessivo e sono sicuro che se non avessi trovato spazio nel mondo del tennis avrei cercato comunque un lavoro che avesse a che fare con la mente umana. Considero il tennis un mezzo per fare “uscire” tante cose, che non hanno solo a che fare con la tecnica, la tattica di gioco in senso stretto. A me piace molto vedere le emozioni e lavorare su questo aspetto con i ragazzini. Riconoscere gli stati d’animo, i momenti della partita, lavorare anche fuori dal campo per stare poi meglio dentro.
IL DIALOGO
L’ascolto è determinante, certo molto di più che in altri ambiti lavorativi in cui magari conta in particolare la prestazione o lo studio in senso stretto, La possibilità di crescere grazie al dialogo mi ha dato una spinta incredibile, spronandomi a intraprendere questo tipo di percorso.
L’INCONTRO CON STEFANO MASSARI
In tale senso è stato determinante conoscere Stefano Massari, mental coach di Matteo Berrettini.
La prima volta che ho sentito parlare di Stefano è stato nella mia prima trasferta insieme a Matteo, nel 2018 in Svizzera a Gstaad. Non per lavoro, bensì solo per amicizia.
Un’esperienza molto positiva, con Berrettini che vinse il suo primo titolo in carriera, battendo lo spagnolo Bautista Agut in singolare, concedendo anche il bis in doppio in coppia con Bracciali.
Mi si è aperto un mondo nuovo. Matteo mi raccontò tante cose. Al primo posto c’era il lavoro che aveva fatto fin da piccolo a livello mentale proprio con Massari. Rimasi molto incuriosito e poi una volta trasferitomi alla Rome Tennis Accademy, gestita da Santopadre, ho iniziato a testare con mano il valore del lavoro di Stefano. Che accanto a quello di Vincenzo si completa alla meraviglia.
SI LAVORA E SI IMPARA
Vedere all’opera Stefano, Vincenzo e Matteo è una vera e propria lezione di vita. Così come osservare il modo in cui si raffronta Massari con tutto il gruppo di ragazzini dell’accademia. Un lavoro frutto di una costante collaborazione e condivisione,
Un doppio ruolo quindi per te: istruttore e allievo al tempo stesso. Una scuola sul campo davvero pazzesca, in cui l’aspetto mentale assume un ruolo assolutamente centrale.
UN MENTAL PER IL COACH
Certo è importante che un’ atleta sia seguito da un mental coach, ma sono convinto sia ancora più utile che lo sia l’allenatore. Alla fine è lui il primo punto di contatto col giocatore, a volte anche 24 ore su 24, come durante un torneo, ed è così che mI piace intendere questo ruolo.
C’è una condivisone massima e totale di quante più cose possibile. E per farlo bisogna avere qualcuno alle spalle che Ci aiuti a porre il riflettore sulle cose effettivamente più importanti. Altrimenti si possono perdere di vista le priorità’. Non hai idea di quante cose succedano ogni giorno, che meritano attenzione; una volta c’è un aspetto fisico, altre volte tecnico oppure mentale ed emotivo.
LA CENTRALITÀ’ DI MASSARI
Senza Stefano sarebbe tutto molto più difficile. Ricopre una figura fondamentale, è l’uomo che mette insieme tutte le informazioni, quella tecnica con quella mentale. Non è necessaria una presenza fisica continua, la tecnologia ci aiuta molto, ancor più in quest’ultimo anno con il covid. Non hai idea di quanti gruppi whatsapp abbiamo in comune, quante video chiamate programmiamo, siamo tutti costantemente sul pezzo.
TUTTI PER TUTTI
Gli ingranaggi sono oliati molto bene, grazie soprattutto a Matteo e Jacopo, due ragazzi spettacolari. Ogni settimana sappiamo tutti esattamente quali sono i temi da sviluppare. Siamo un unico team, in cui tutti lavorano per tutti,
LA PASSIONE PER IL LAVORO
“E’ un momento in cui sto crescendo molto ed in cui sento anche la responsabilità di quello che sto facendo. Questo e’ un lavoro molto duro – si lascia scappare Marco Gulisano – fatto di pura passione ed anche responsabilità. In cui non si devono solo trasmettere i contenuti, il come colpire la palla di diritto o di rovescio. Viviamo ogni aspetto del vivere quotidiano, finalizzato ad obiettivi di risultato , in cui il rischio è quello di non riuscire a vivere appieno il momento, il percorso che stiamo percorrendo tutti insieme.”
Marco è un fiume in piena. “Starei ore a parlare di questi argomenti.” Ascoltarlo è davvero piacevole.ma appunto il tempo passa inesorabile e c’è da dover preparare l’allenamento del pomeriggio.
Ma ci ritroveremo presto con Marco per approfondire alcuni temi ed entrare nel dettaglio delle avventure vissute in giro per il mondo con Matteo e Jacopo Berrettini.