Pedavena Open: Tommasi, Pietrangeli, Dolomiti e birra a fiumi
di Ruggero Canevazzi
Un passato glorioso, un presente entusiasta.
In questi giorni drammatici, scanditi da bollettini degni di una guerra e da clausure forzate, il ricordo di esperienze felici e leggere è di grosso conforto. Specie se si tratta di un sabato d’agosto passato al fresco delle Dolomiti bellunesi.
Sugli spalti di un tennis club dal passato di grande prestigio e dal presente carico di aspettative. Stiamo parlando del Tennis Club Pedavena, in uno scenario che non ha nulla da individiare a circoli italiani ben più noti e importanti. Oggi portato avanti da una gestione familiare carica di duro lavoro e tanta passione. Pasquale Ruotolo, il demiurgo della terra rossa di montagna, ha un cognome e una cadenza piuttosto distanti da quelle tradizionali delle Dolomiti Venete, ma difficilmente questo circolo potrebbe avere un rappresentante migliore, una volta percepiti la sua competenza e il suo senso dell’ospitalità.
È il 3 Agosto 2019 e chi scrive è stato gentilmente invitato in occasione della finale del Pedavena Open, torneo che ha visto un apporto di pubblico e un livello di gioco nettamente superiore rispetto agli anni precedenti, con i giocatori compresi tra i livelli 2.7 e 2.3. Oggi è il giorno della finale, ma c’è tutto il tempo per aggirarsi nel parco della Birreria Pedavena e all’interno del Tennis Club, nato nel lontano 1952. Lo stadio è davvero un gioiellino. Il campo n.1 è affiancato da una tribuna da 400 posti vecchia maniera, stile gradinata da stadio calcistico di provincia, niente seggiolini ma lunghi lastroni cui ci si abitua se lo spettacolo offerto in campo è di livello. Se non lo è, difficilmente si rinuncerà a lasciare la postazione e con la cornice mozzafiato dei monti, fedeli e rassicuranti testimoni del tennis internazionale del passato, entusiasta del presente e si spera di nuovo di primordine del futuro.
Dietro agli spalti, in angolo rispetto al campo, il piccolo bar offre molto di più della fresca birra locale o qualche caffè. Una parete infatti è completamente tappezzata di vecchi articoli di giornale, che documentano i tempi d’oro del Tennis Club, quelli dei quattro campionati internazionali tra il ‘53 e il ’56.
I FASTI DEL PASSATO
Alla prima edizione parteciparono il vincitore di Wimbledon, Jaroslav Drobny, nato in Cecoslovacchia ma di passaporto egiziano e fra gli italiani Gianni Cucelli, Marcello Del Bello e un giovane che rispondeva al nome di Nicola Pietrangeli. Vinse Drobny in finale sullo svedese Lennart Bergelin, futuro capitano della Svezia in Coppa Davis, ma soprattutto lo storico allenatore di Bjorn Borg. Due anni più tardi arrivò il primo successo azzurro di Orlando Sirola. Ammirato davanti a quegli articoli storici, fu per il sottoscritto inevitabile soffermarsi su un articolo del “Tennis italiano” firmato da Rino Tommasi. Risaliva al 18 Luglio 1955 e documentava la terza edizione della Coppa Centropa, un torneo giovanile a squadre introdotto dagli svizzeri per i tennisti in erba di Italia, Francia, Svizzera, Germania e Austria. L’Italia di Sergio Jacobini, Michele Pirro e Lea Pericoli si aggiudicò quella e le due edizioni precedenti di Olten e Lione, portando perfino l’antinazionalista Tommasi a definire la competizione un “feudo italiano”. Chi ha avuto il piacere di conoscerlo, anche solo come fedele lettore o spettatore nelle leggendarie telecronache degli Slam in coppia con Gianni Clerici, sa bene che non è mai stato uomo da facili convenevoli. Se esprime un elogio, è del tutto autentico. Incassarono dunque complimenti autorevoli gli organizzatori (“tra i quali ci piace ricordare in particolar modo il Rag. Gino Possiedi, dinamico ed appassionato Presidente del Tennis Club Feltre”, scriveva Rino), le autorità locali e i proprietari della birreria Pedavena. E qui scatta il primo “momento Tommasi”, per parafrasare il grande David Foster Wallace e i suoi “Momenti Federer”.
Il decano dei giornalisti sportivi italiani scrive infatti: “I proprietari della birreria Pedavena, i quali, tra l’altro, hanno allestito una magnifica festa danzante nei loro lussuosi locali”. Poche parole per scatenare mille fantasie su eleganti tavoli in legno, fiumi di birra, pareti al contempo austere e variopinte, avvenenti ballerine alternate a procaci e giunoniche cameriere. Tutto quanto si possa felicemente riassumere nella storica considerazione tommasiana: “Ci pagano per svolgere un lavoro per il quale pagheremmo noi”. Difficile, per chi alla Birreria Pedavena arrivava per la prima volta, immaginarsi come potessero presentarsi i lussuosi locali 64 anni prima. Di certo, oggi si presentano alla grande, come sarà più chiaro nel seguito.
IL TENNIS CLUB OGGI E IL PEDAVENA OPEN
Torniamo al 3 Agosto 2019, distogliendo gli occhi dalla parete magica e spostandoli sul tavolino centrale del bar. Un tavolino che, nei giorni del torneo, non è destinato ai clienti ma rigorosamente riservato agli uomini dello staff del torneo. In particolare a due soggetti. Uno è Nicola Ruotolo, figlio di Pasquale, organizzatore, responsabile dei rapporti con giocatori e stampa, PR, social manager. Insomma il tuttofare n.2 del Pedavena Tennis Club e del Pedavena Open. L’altro è il camaleontico Roberto dell’Olivo, che chi legge questo sito avrà già in qualche modo conosciuto, almeno virtualmente. Uomo dotato di innumerevoli risorse, prima fra tutte appunto quella di assumere varie configurazioni come il caratteristico rettile appena citato. Dal giornalista di lunga data, pubblicista trentennale, al fotografo del grande tennis, sempre presente nei pressi della linea del campo sia questo l’Arthur Ashe di New York, la Rod Laver Arena di Melbourne o il Centre Court di Wimbledon, al capoufficio stampa del Challenger di Cortina d’Ampezzo del 2017, all’anchormen del Challenger di Padova 2018.
Questo per quanto concerne il curriculum vitae più o meno ufficiale, che naturalmente comprende anche il ruolo di jolly al Pedavena Open. Jolly, unico termine che può vagamente avvicinarsi a quello che ha fatto durante il torneo 2019. Durante i match si spostava dal tavolino del bar, dove scriveva gli articoli da cronista per diversi quotidiani, allo stretto ma funzionale terrazzo esterno, che permette di seguire il torneo da un’altra, originalissima, visuale.
Il nostro, però, su quel terrazzino occupava un angolo adibito a postazione del disk jockey, con tanto di consolle ed inquietante cilindro nero verticale, ricolmo di cd dalla musica più varia, dagli ever green più classici ai titoli trash da villaggio vacanze anni ’80 degni dei film dei Vanzina: “Quelli non c’entrano niente col torneo, ce li ho perché li usavo allora, quando facevo anche il disk jockey nei locali qua in zona”. Eh ti pareva, vuoi che i martedì sera di 30 anni fa rischiasse d’annoiarsi a casa.
Altro ruolo del jolly un po’ “Gaglioffo” (detto ovviamente in modo ironico) l’animazione del sabato pomeriggio, durante quello cha a tutti gli effetti si può chiamare kid’s day, dove i ragazzini dei corsi della scuola dei maestri Fabio Barone e Debora Pasa, sono i protagonisti assoluti, prima di ricoprire il ruolo di attenti e solerti raccattapalle nella finale della sera, il tutto davanti agli occhi divertiti di amici e genitori. Con un animatore così, poi, annoiarsi non è contemplato. Fino a qui il lettore non si spiega perché il sottoscritto l’abbia definito gaglioffo. Ma come altrimenti definire chi ti accoglie a braccia aperte, con un sorriso grande così e un plauso alla vista di racchetta e borsa, come da buon giocatore amatore? “Andiamo subito negli spogliatoi, ci cambiamo e facciamo un set al volo, perché tra un’oretta è il momento dei bambini”. Usciamo in tenuta da gioco, andiamo perfino sul campo 2, ci disponiamo sulla linea di fondo, uno in faccia all’altro e… “Accidenti, ci sono già tutti i genitori sugli spalti. Mi spiace, devo andare, tempo scaduto”.
Per carità, capita di non essere perfettamente allineato coi tempi, visti i molteplici ruoli. Questo pensavo mentre, senza rendermene conto, mi ritrovo a fare il suo assistente, sposta oggetti, raccattapalle dei raccattapalle ma anche improvvisato sparring partner per 60 secondi del finalista Matteo Marfia, che si sarebbe giocato il titolo di lì a poche ore, ma senza sottrarsi a fare felici i ragazzini. I quali non contenti di avere il loro raccattapalle, si godono la pioggia di passanti che trafigge il malcapitato, ulteriormente martoriato dalla caustica cronaca live dell’infingardo jolly di Pedavena. D’altra parte non è escluso che il divertito e spietato finalista, conosciuto poco prima a pranzo, allo stesso tavolo col sempiterno Dell’Olivo nell’enorme salone della Birreria, abbia poco gradito che gli abbia avidamente consumato in faccia il tradizionale piatto Pedavena, mentre lui doveva giocoforza limitarsi a un piatto di bresaola e insalata. Per capirci, il piatto è un tris di carne ai ferri, ossia una fetta di arista di maiale, un wurstel dalla sezione generosa e il localissimo pastin, un mix tritato di manzo e maiale (a conti fatti, il set mancato contro il jolly Roberto avrebbe avuto conseguenze irreversibili).
Per non parlare delle due birre medie, una classica pils per spegnere la sete accarezzando l’ugola con l’amaro del luppolo e una rossa dal gusto rotondo e avvolgente ma del tutto compatibile con la stagione calda. Marfia, naturalmente, non poteva fare “Cin Cin” perché costretto ad acqua naturale.
Dalle 17 in poi i buffoni finora protagonisti lasciano il palcoscenico a personalità più in linea con la storia del circolo. È il momento della finale tra il sopracitato Marfia, 32 anni classificato 2.3 e il più giovane Tommaso Dal Santo, 2.4 di 23 anni. Al termine di un match davvero appassionante e dal livello di gioco notevole il titolo è andato al brillante Dal Santo, venuto fuori alla distanza dopo un inizio esplosivo di Marfia.
Nel ritorno a casa a Ferrara, nella quiete della sera, la sensazione di aver assistito solo al primo capitolo di una nuova grande storia del torneo Open di Pedavena e Norcen.