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Martina Hingis “NON GIOCO PIU’, ME NE VADO”. Stefano Lopez la ricorda così

Martina Hingis ha annunciato il suo ritiro dal tennis. Il Master di doppio in corso in questi giorni a Singapore è il suo ultimo torneo. La semifinale, persa  in coppia con la cinese Chan Yung-jan contro l’ungherese Timea Babos e la ceca Andrea Hlavackova, è stato il suo ultimo match ufficiale.

Una ex numero uno che ha incrociato la racchetta con  campionesse storiche come Monica Seles, Steffi Graf, con cui ha perso in lacrime la finale del Roland Garros del 1998, per poi passare a confrontarsi con  la forza delle sorelle Williams.  Il torneo parigino è l’unico sfuggito in singolare alla slovacca naturalizzata svizzera. 3 Australian open all’attvo insieme ad una vittoria sia a  Wimbledon che agli Us Open, entrambe nel 1997.

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Martina Hingis durante la sua ultima finale slam a New York agli Us open di quest’anno. Una delle ultime foto della sua lunga carriera (©RDOphoto)

All’età di solo 16 anni, nel 1997, Martina fu la più giovane tennista della storia a diventare numero uno del mondo. Ora lascia definitivamente il mondo del tennis  a 37 anni da numero uno del doppio.

Copia di martina us open.jpgMartina Hingis con in mano la coppa dei WINNERS del doppio femminile  degli Us open 2017 con alle spalle la sua compagna, la cinese  Chan Yung-jan (©RDOphoto)

Abbiamo contattato Stefano Lopez  ex dirigente della International Management Group, lui che incontrò Martina Hingis ancora proprio agli inizi della sua lunghissima carriera e gli abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di più della campionessa svizzera. Ne è uscito un racconto davvero avvincente ricco di aneddoti , assolutamente inedito, da leggere tutto d’un fiato.

NON GIOCO PIU’, ME NE VADO

“Non gioco più, me ne vado, non gioco più, davvero! La vita è’ un letto sfatto, io prendo quel che trovo e lascio quel che prendo dietro me”. Certo,  quando nel 1974 Mina, con Roberto Lerici ed i magici arrangiamenti del Maestro Gianni Ferrio, scrissero un brano di successo, già sigla di una nota trasmissione Rai di varietà ” Milleluci”, dal testo particolare, quasi una denuncia all’infedeltà ed alla leggerezza, mai si sarebbero aspettati che questo primo verso della canzone avrebbe potuto adattarsi per magia alla fine del tennis giocato, agonisticamente,da un personaggio da luci della ribalta, forse da “Milleluci”, come Martina Hingis.
Guarda caso, questa nota canzone era la sigla di chiusura di un varietà. E la varietà, l’unicità della varietà di Martina Hingis su un campo da Tennis non la ritroveremo ahimè tanto facilmente in breve tempo.
Non incontro Martina personalmente da 15 anni e le ho scritto, più recentemente due anni fa. “Vieni a Cortina? Per sciare pattinare, giocare a tennis ( forse) od a Padel con noi? “
” Forse chissà ” – immaginando  la faccia di “cemento”,  con quel sorriso – No, grazie.” La risposta  con un semplice messaggio.
So che nulla è’ cambiato da quel primo momento che la vidi nel 1993, al Roland Garros vincere una finale Junior con Laurence Cortois. Ah, sembrava scritto già il  destino; all’epoca diventarono tutte e due clienti rappresentate dalla ” Big Company” di cui il sottoscritto era un dipendente già da anni , cioè la International Management Group.
Mark Hulme McCormack, compianto fondatore proprietario, il mio Maestro di business nel settore dello sport, il realizzatore di un progetto globale che ha fatto divenire lo sport  strumento centrale della comunicazione integrata per le aziende e le istituzioni, ebbe quel momento di lucida follia,un giorno guardandomi dritto negli occhi, in ufficio a New York:” Son, I need you to take care of my best ever world Class female tennis player, Monica Seles. I know you’re fully qualified for flying son. Would you do that for me, wouldn’t you?
POTEVO FORSE DIRE DI NO? Fu così che mi resi conto immediatamente cosa significasse lavorare 28 settimane all’anno con una giocatrice di quel calibro. Cosa c’è dietro ogni giorno e quanto tempo si potesse dedicare ad altri progetti. Tuttavia, pur essendo nostra cliente e non essendomi mai ufficialmente occupato del progetto, il seguito della mia carriera professionale, mi diede l’opportunità di conoscere meglio Martina Hingis.  Perché’ le giocatrici da me rappresentate in quell’epoca, da Silvia Farina, ad Ines Gorrochategui, Irina Spirlea e  Meike Babel, la avrebbero a più riprese incontrata sulla propria strada.
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Stefano Lopez qui in piedi in giacca pantaloni bianchi sorride nel guardare Monica Seles con un tecnico del centro del piede che le fa il calco del piede . Alle spalle sulla sinistra in prima fila Antonio Gazzola il più grande realizzatore di scarpe su misura per tutti gli sportivi. Mentre sulla destra Silvio Barbera direttore marketing Fila Sport 1990.  (©credit Tony Gazzola sport shoes lab)
Non mi è mai interessato molto sapere se Martina piacesse o no a pochi o a molti.  Che qualcuno l’abbia giudicata bene o male come ragazza è’ un’altra cosa del tutto irrilevante per il sottoscritto. Quello che mi è’ sempre stato chiaro è invece che ci trovavamo di fronte semplicemente ad un essere umano con tutte le proprie energie e debolezze.
Una campionessa  con un immenso talento, ma cos’altro era Martina? Questo era ciò che mi interessava scoprire.
Come riuscirci?
Potrei sempre chiedere lumi alla mia amica Emanuelle Gagliardi, che di Hingis è’ stata compagna di Fed Cup per la squadra Svizzera. Ma noooo che dico!!! Figurati se “Manuela ” mi viene a raccontare cose private che rimangono tali, soprattutto fra colleghe. Noooo!!!
Quando un bel giorno fu direttamente Martina a presentarsi da me inaspettatamente e con la sua faccina ” di cemento” e con un suo primissimo inglese, a tratti maccheronico,  mi chiese: “Posso giocare il doppio a Zurigo con Irina Spirlea?”
Sorrido di gusto e, notando la sua timidezza tipica dei 14 anni,  le rispondo:” Dobriden ( Buongiorno) Jak se mas? ( Come stai).” Risposta: “Dobre!!! ( Bene)
Tre parole in ceco ruppero il ghiaccio ed il faccino di cemento si trasformò in un sorriso scintillante. Come sempre aveva raggiunto il suo obiettivo. Una delle regole ferree di sua madre Melanie.
Molti sostengono che i genitori di Martina la concepirono con l’obiettivo di farne una giocatrice di livello top. Se sia vero o no, non si saprà mai. Ma certo è che, da quel giorno, Melanie mi ha salutato molto educatamente. Era molto affascinata  dal fatto che un agente di giocatori italiano vestisse come nella settimana della moda di Milano, solo perché possedevo i completi del mio stilista preferito dell’epoca, Romeo Gigli, abbinandoli ai primi anfibi di Paciotti che creavano quel misto di contrasto che ha contraddistinto sempre i miei gusti in tema di abbigliamento.  (Se potesse Stefano Lopez  giocherebbe ancor oggi a padel con un abito gessato, nota di ©rdotennis) 
Curiosità da caffè’ da Player’s Lounge. Spesso le ho detto:”Io non seguo la moda, la faccio. Come tua figlia la fa nel tennis”. Sorrideva compiaciuta ma non era mai il sorriso di un genitore di una tennista. Piuttosto quello  di un’ allenatrice, che sapeva molto bene come tirare fuori il meglio dalla propria giocatrice.
Ed un bel giorno, a Tokio nel febbraio del 1997 dopo un volo notturno di 13 ore da Melbourne al termine dell’Australian Open, mi presento in tuta al Palazzo dello Sport olimpico, dove da lì a breve avrebbe avuto inizio il Pan Pacific Open.
Cambio di clima, dal caldo al freddo intenso, da indoor da outdoor. La mia camera d’albergo non era pronta. Ritiro le credenziali del torneo ed improvvisamente, nell’incamminarmi per  andare a prendere il bus, passo dal campo secondario di allenamento,  dove la famiglia Hingis era già all’opera.
Stupita dal mio insolito abbigliamento tecnico, Melanie mi guarda:” Stefano, non posso credere tu sia in tuta!” E continua:” Mi fai allora una cortesia?” Rispondo: ” Volentieri se posso” ” Devi giocare delle angolazioni composte con Martina mentre io le sto alle spalle con il cesto e detto i ritmi del tempo”.
Attonito,rispondo:” Che dici,  al massimo del mio scarso livello di terza categoria italiana, non posso fare lo sparring partner di tua figlia,” Lei ridendo di gusto:” Ma si che puoi! È’ solo un esercizio di 5 minuti! Dai fammi il favore!” Ride! Ed io, dopo essermi assicurato che non ci fosse nessun presente ad osservare, approccio Martina a rete e le dico:” Apri bene le orecchie e gli occhi ragazza. La tua palla deve cadere ad un metro del tubo di palle posizionato nell’angolo del rettangolo di servizio del mio campo. Questo significa che se la palla arriva 30 volte consecutivamente li io non muovo un passo e gioco di ribattuta piatta, spostandoti su due diversi angoli del campo. Se dovessi tirare forte angolato e con diversi effetti, lascio il campo immediatamente.
Martina, ridendo, va al suo posto e comincia una sequenza di 46 colpi di fila tra dritto e rovescio, con una precisione millimetrica, tale da non farmi spostare, ma da levarmi il fiato.
Così mi ritrovo “morto” dopo questo esercizio e con l’imbarazzo di aver fatto una figura patetica ed allo stesso tempo pietosa,  quando Melanie mi chiede di farne un’altro con lei. Senza usare racchetta. Io e Martina nei pressi della rete ma lei era girata di spalle. A mio piacimento avrei tirato una serie di palle in differenti direzioni che lei non avrebbe potuto vedere e  che invece avrebbe dovuto ” sentire” e “captare” qualsivoglia direzione avessi voluto dare alla stessa palla. Manco a dirlo, arrivava su tutte con un secondo d’anticipo. Nessuna delle giocatrici dell’epoca e quelle di differenti generazioni hanno mai avuto questa innata qualità.
Per questo motivo era impossibile non pensarla come la più forte in quegli anni. Sarebbe troppo facile dire ora che il tennis successivamente è’ cambiato ed è divenuto sempre maggiormente qualcosa di più fisico. Sarebbe ancor più riduttivo sostenere che quando Martina ha capito di non essere più competitiva si è’ ritirata dai tornei di singolare con diverse scuse, sapendo di non poter competere per vincere quello che contava vincere.
Oggi però mi manca divertirmi a vederla giocare con la sua faccia di cemento che  per me è’ umanissima come il suo pianto dirotto quando non ha potuto vincere la medaglia d’oro in doppio per la Svizzera, ma solo quella d’argento alle ultime olimpiadi di Rio. Mi mancherà il vederla giocare il misto a Wimbledon tra le Milleluci della ribalta reale. Così come il non vederla intervistata sulla terrazza dell’All england lawn tennis and crochet club dal mio amico  e compagno di circolo, Stefano Meloccaro che, con arguta maestria, le ha tirato fuori il meglio del suo scintillante sorriso , nella sua intervista per Sky Sport, toccando temi come l’allenamento a pittino ad Aorangi Park, campi di allenamento di Wimbledon e sedi di improbabili sfide di doppio misto Pro Am, alla domenica di intervallo tra le due settimane del torneo. Un rito privato per pochi eletti che non si può neanche pensare lontanamente di raccontare.
Voglio bene a Martina, non so perché ma so che è  vero. Ed è’ una figlia umana, molto più umana è vicina di quanto è’ in realtà mai è’ apparso.  La vorrei invitare a Cortina a giocare con noi, non per farle giocare l’esibizione delle legend. Mi manca già ma prima o poi ci raggiungerà sulle cime delle Dolomiti che so le piacciono. E giocherà …… Giocherà…. Ma….” Non gioco più me ne vado! Non gioco più,.. Davvero! La faccia di cemento, tu parli e non ti sento, io cambio e chi non cambia resta là.”.

 

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L’ultimo bacio ad un trofeo di Martina Hingis. Bello poter dire Io c’ero!

Ma grazie soprattutto all’amico Stefano Lopez per questo racconto IN ESCLUSIVA ©RDOTENNIS.

Ora STEFANO hai una mission. Tu ce la puoi fare e lo sai.  Ti aspettiamo presto a Cortina insieme a Martina Hingis!!

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